Minimum Tax: come funziona la tassa globale sulle imprese

Un nuovo accordo raggiunto al G7 segna una svolta nella tassazione delle multinazionali, ma introduce una significativa eccezione per le compagnie statunitensi. Un compromesso rispetto all’accordo raggiunto dal G20 nel 2021 che rappresenta una sfida per l’equità fiscale globale.

Minimum tax, cosa dice l’accordo

Il recente vertice del G7, sotto la presidenza del Canada, ha portato alla definizione di una “soluzione parallela” per la global minimum tax, la tassa minima globale che punta a tassare le grandi multinazionali con un’aliquota almeno del 15% sui loro profitti, ovunque siano localizzati. Il punto più discusso? L’esenzione parziale delle imprese statunitensi, giustificata dalla “sovranità fiscale dei Paesi” e dal fatto che molte di queste aziende già pagano imposte significative negli Stati Uniti.

Questa scelta, che si presenta come una concessione alla linea dura dell’amministrazione Trump e al progetto di “revenge tax” contro i Paesi che tassano le Big Tech, rappresenta un arretramento rispetto allo storico accordo multilaterale del G20 di ottobre 2021. Allora era stata ottenuta l’adesione di oltre 130 Paesi sotto l’egida dell’OCSE e l’obiettivo era chiaro: porre fine alla corsa al ribasso sulla tassazione delle imprese e contrastare l’elusione fiscale.

Oggi resta il dubbio su quanto questa intesa sia vincolante e su quali effetti produrrà in termini di equità fiscale globale.

Come funziona la minimum tax

La global minimum tax è una misura fiscale internazionale volta a impedire che le grandi aziende multinazionali possano eludere le imposte spostando la propria sede legale in giurisdizioni a fiscalità privilegiata. L’aliquota minima stabilita è del 15% e si applica ai profitti delle multinazionali con ricavi superiori ai 750 milioni di euro.

In pratica, se una multinazionale paga meno del 15% di tasse in un Paese in cui opera, il Paese d’origine dell’azienda ha il diritto di imporre un’imposta aggiuntiva per colmare la differenza. Questo meccanismo mira a ridurre l’incentivo a ricorrere a paradisi fiscali e rafforzare le basi imponibili nazionali, migliorando la capacità degli Stati di finanziare servizi pubblici essenziali.

L’idea, per quanto ambiziosa, non è nuova. Secondo il Fondo Monetario Internazionale, forme di tassazione minima sono già in vigore in decine di Paesi da decenni. La vera innovazione del progetto OCSE-G7 risiede nella sua portata globale e nella cooperazione tra le principali economie mondiali.

Quali sono i prossimi passi

Il cammino verso l’applicazione uniforme della global minimum tax resta accidentato. L’accordo raggiunto al G7 dai sette Paesi membri (Stati Uniti, Canada, Regno Unito, Francia, Germania, Italia e Giappone), mentre l’accordo originale del 2021 era molto più ampio e inclusivo. Ora resta da capire se e come questa “soluzione parallela” potrà essere integrata nel framework multilaterale. Non è ancora chiaro, infatti, se i contenuti dell’accordo del G7 potranno valere anche senza l’assenso dei 130 Paesi che avevano sottoscritto l’accordo del 2021. L’OCSE, per voce del suo segretario generale Mathias Cormann, ha definito la dichiarazione del G7 come “una pietra miliare nella cooperazione fiscale internazionale”. Tuttavia, l’efficacia dell’accordo dipenderà dalla sua implementazione e dalla volontà politica di tutti gli attori coinvolti. L’adozione della minimum tax non solo rafforzerebbe la giustizia fiscale, ma darebbe anche certezza alle imprese, contribuendo alla stabilità del sistema economico globale.

minimum tax per le imprese, una legge a vantaggio dei paesi ricchi

Rischi e opportunità

La tassa minima globale apre una nuova fase nella fiscalità internazionale. Da un lato, può rappresentare uno strumento potente contro l’elusione fiscale, in un’epoca in cui le aliquote sulle imprese sono calate drasticamente: dal 40-45% in media degli anni ’80 al 23% attuale secondo dati OCSE. Nei Paesi dove esiste già una tassazione minima, si registra anche una corporate tax mediamente più alta di cinque punti percentuali, segno che lo strumento può funzionare come leva redistributiva.

Dall’altro, la sua applicazione comporta sfide economiche e politiche significative. Gli Stati che hanno finora attratto multinazionali offrendo regimi fiscali agevolati potrebbero trovarsi a dover rivedere radicalmente la propria strategia di attrazione degli investimenti, con ricadute potenzialmente negative sull’occupazione e sul PIL.

C’è poi un ulteriore nodo: il rapporto tra imprese e rischio d’impresa. Se da un lato la minimum tax aumenta il contributo delle aziende al benessere collettivo, dall’altro potrebbe ridurre la propensione al rischio del management, incidendo su innovazione e crescita.

Infine, anche con una tassa minima globale, le distorsioni del sistema fiscale internazionale non scompariranno del tutto. Ma il fatto che esista ora una soglia minima condivisa – un floor sotto cui non si può scendere – è un passo avanti fondamentale per ridurre l’iniquità e garantire che tutte le imprese, ovunque operino, contribuiscano equamente al finanziamento del bene pubblico.

Perché Etica Sgr si impegna sulla giustizia fiscale?

Non c’è dubbio che l’accordo sulla minimum tax segni un momento cruciale nella costruzione di un sistema fiscale internazionale più equo e sostenibile. Ma per essere davvero efficace dovrà evitare eccezioni destabilizzanti, come quelle concesse alle aziende statunitensi, e mantenere al centro il principio di giustizia fiscale. Solo così si potrà garantire che il contributo delle grandi imprese non sia più una variabile opzionale, ma una responsabilità condivisa.

Etica Sgr si impegna da anni per promuovere una maggiore trasparenza fiscale da parte delle imprese, come parte integrante della propria attività di stewardship con le società in portafoglio. Lo fa chiedendo, ad esempio, di pubblicare alle aziende il Country-by-Country report – una rendicontazione che riporti, per ogni paese in cui l’azienda opera, elementi quali i ricavi e la percentuale di tasse pagate – ritenendolo uno strumento essenziale per far emergere i rischi di pianificazione fiscale aggressiva e per rafforzare la fiducia degli investitori.

L’impegno sulla giustizia fiscale è testimoniato anche dalla partecipazione a iniziative collaborative e campagne di advocacy internazionali, in cui Etica ha sottoscritto dichiarazioni congiunte per chiedere una rendicontazione più trasparente e responsabile da parte delle multinazionali. Per citarne solo alcune:

  • dal 2017 al 2019 Etica ha partecipato dialogo collaborativo coordinato dal PRI sulla responsabilità fiscale rivolto a società appartenenti al settore sanitario e IT;
  • nel 2020 Etica Sgr è tra i co-firmatari di un’iniziativa di engagement rivolta al Congresso USA per sostenere il Disclosure of Tax Havens and Offshoring Act (Legge circa la trasparenza su paradisi fiscali e società offshore).
  • nel 2021 su iniziativa del PRI ha sottoscritto una lettera inviata al Parlamento per incoraggiare una regolamentazione sulla trasparenza fiscale e la pubblicazione di dati Paese per Paese;
  • nel 2021 su proposta della FACT Coalition Etica ha sottoscritto una lettera rivolta a Financial Accounting Standards Board (FASB) degli USA, a supporto del piano di sviluppare una legislazione che richieda alle multinazionali la pubblicazione di dati fiscali sui singoli Paesi in cui operano;
  • dal 2022 in network con il PRI partecipa al Reference Group sulla tassazione;
  • nel 2023 Etica ha presentato come lead filer una mozione all’assemblea degli azionisti di Cisco per promuovere la trasparenza fiscale.

La trasparenza fiscale aiuta la crescita. I miglioramenti delle infrastrutture, dello stato di diritto e la fornitura di servizi di base sono parte integrante di un’economia funzionante. La Commissione per la crescita e lo sviluppo, guidata dall’economista premio Nobel Michael Spence, ha scoperto che i Paesi con le migliori performance di crescita sono quelli che hanno investito percentuali più elevate del loro PIL nei servizi pubblici rispetto alle economie meno performanti.

Che cosa vuol dire questo? Fonti di entrate stabili sono fondamentali per la crescita di un mercato.

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