L’obbligazionario è tornato ad essere una asset class attrattiva

Il 2022 è stato un anno difficile anche per i mercati finanziari.
Il valore della maggior parte delle asset class è sceso, facendo andare in sofferenza anche i portafogli meglio diversificati.
Tuttavia, negli eventi degli ultimi due anni, si può riscontrare un aspetto positivo: la componente obbligazionaria è tornata ad essere una asset class appetibile su cui investire, dopo una fase di mercati obbligazionari con rendimenti vicini allo zero o addirittura con tassi di remunerazione negativi.
Dopo la crisi del 2008, infatti, il mercato ha conosciuto una lunga fase di bassa crescita globale e bassa inflazione che hanno fatto scendere drasticamente i rendimenti dei titoli di stato. Le principali banche centrali avevano così iniziato a stimolare l’economia, attraverso programmi di acquisto di titoli che avevano spinto ancora di più al ribasso i rendimenti delle obbligazioni a lungo termine.

La funzione dei titoli di stato all’interno di un portafoglio 

All’interno di un portafoglio, le obbligazioni, oltre a garantire un flusso costante di cedole, svolgono un’importante funzione di diversificazione rispetto al rischio azionario. Questo soprattutto quando azioni e obbligazioni sono correlate negativamente, cioè quando, al verificarsi di un evento economico tendono a muoversi in senso opposto. 
Quello di una correlazione negativa è stato lo scenario prevalente nei 30 anni che hanno preceduto la pandemia. L’effetto negativo di ribassi del mercato azionario sui portafogli è stato, almeno in parte, tamponato dai rialzi dei titoli di stato.
Nei periodi di ribassi azionari, infatti, gli investitori correvano a comprare i titoli di stato, percepiti come più remunerativi e “sicuri”, facendo quindi salire il loro prezzo e scendere i rendimenti.

Questa correlazione negativa è invece venuta meno nel 2022, quando la fiammata inflattiva, particolarmente elevata e di imprevedibile evoluzione, ha influenzato sia le azioni sia i titoli di stato, spingendo al ribasso contemporaneamente entrambe le asset class.

I rischi delle obbligazioni

Tra i principali rischi connessi all’investimento in obbligazioni figurano il rischio tasso e il rischio di credito.

Rischio tasso

Il rischio tasso consiste nel fatto che variazioni dei rendimenti di mercato possono far variare il prezzo dei titoli in circolazione. In particolare, un rialzo dei rendimenti comporta un ribasso dei prezzi di mercato. 
Facciamo un esempio.
Supponiamo che venga emesso un titolo a tre anni che rende il 3% annuo. Il possessore di questo titolo paga 100, riceve tre cedole annuali del 3% e alla scadenza del titolo gli viene restituito il prezzo nominale pari a 100. Supponiamo che, per qualsiasi motivo, un titolo simile sia emesso ad un rendimento del 4%.
Chi sarà disposto ad acquistare il titolo originario che rende il 3% quando ce n’è un altro in circolazione che rende il 4%?
L’unico modo per vendere il titolo originario sarebbe farlo ad un prezzo più basso rispetto a 100, in modo che l’acquirente paghi per il titolo un prezzo minore, nel nostro caso 97,22. Dal momento che a scadenza gli verrà rimborsato comunque 100, questo guadagno (la differenza tra 100 e 97,22) si aggiungerà alle cedole e produrrà un rendimento a scadenza pari al 4%, esattamente uguale al secondo titolo in circolazione.

In sintesi, il rischio tasso legato a un’obbligazione si presenta quando si registra una perdita di valore del comparto obbligazionario per ragioni che non hanno a che fare con le caratteristiche specifiche dell’obbligazione. Questo è stato il caso avvenuto nel 2022: i rendimenti sono saliti, a seguito delle manovre di politica monetaria delle banche centrali, che hanno fatto scendere i prezzi delle obbligazioni in corso.

Rischio di credito

L’altro principale rischio dell’investimento obbligazionario è quello di credito. Un’obbligazione costituisce la promessa di rimborso dell’intero capitale e del pagamento delle cedole da parte dell’emittente, a fronte del prestito che riceve dall’investitore. Questo, naturalmente, a patto che l’emittente non faccia default, altrimenti il pagamento delle cedole e il rimborso del capitale a scadenza potrebbero non verificarsi.

Quindi, maggiore è il rischio di default, cioè il rischio di mancata restituzione di una o più cedole del capitale investito, maggiore sarà il rendimento richiesto dagli investitori. Il rendimento addizionale richiesto per il rischio di default dell’emittente prende il nome di spread di credito, concetto con il quale gli investitori italiani sono diventati familiari con riguardo allo spread BTP-Bund, la remunerazione addizionale richiesta da chi investe in BTP piuttosto che in titoli di stato tedeschi (Bund) proprio a causa del maggior rischio di credito percepito per i titoli di stato italiani rispetto ai titoli tedeschi.

Inoltre, il rischio di credito è particolarmente rilevante per le obbligazioni “corporate”, emesse da società, le quali generalmente hanno un rischio emittente maggiore rispetto a quello degli stati. Dato che si tratta di un rischio percepito, lo spread può variare durante la vita del titolo. Un aumento dello spread significa che gli investitori percepiscono un maggior rischio di default e richiedono un rendimento maggiore per investire in una data obbligazione e questo, per il meccanismo sopra descritto, fa scendere il prezzo del titolo.

Come comportarsi ora che i rendimenti sono tornati interessanti?

La ricomparsa di rendimenti interessanti dopo anni di tassi a zero ha alimentato un grande entusiasmo da parte degli investitori per le nuove emissioni. L’euforia per questa nuova primavera dei titoli obbligazionari governativi non deve però far dimenticare i rischi che questi comportano e che abbiamo elencato sopra. È quindi sempre auspicabile mantenere una diversificazione adeguata degli emittenti, volta a minimizzare i rischi connessi all’investimento.
Il tipo di obbligazioni e la percentuale da inserire in portafoglio devono inoltre far parte di una pianificazione accurata che nasce dall’analisi di diversi aspetti, quali gli obiettivi e la tolleranza al rischio dell’investitore.

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L’importanza della diversificazione

Se, da un lato, investire in titoli governativi può far sembrare al risparmiatore di mettere al sicuro il capitale cogliendo una remunerazione interessante, dall’altro è necessario considerare anche altri fattori nella costruzione di una pianificazione finanziaria efficace, uno su tutti la diversificazione. Un portafoglio di investimento è considerato diversificato quando il rischio totale è inferiore alla somma dei rischi di ciascun singolo investimento. La diversificazione è, dunque, un elemento chiave per gestire efficacemente i rischi di un investimento.

Nei periodi di volatilità di mercato, come quello che stiamo vivendo da tempo, caratterizzato da un’elevata incertezza sulla crescita nel lungo periodo, un prodotto di investimento diversificato rappresenta un’opportunità per mitigare gli effetti di potenziali squilibri macroeconomici che potrebbero incidere sulla performance complessiva dell’investimento.
Un altro elemento importante, legato alla diversificazione, è la correlazione tra gli investimenti inseriti in portafoglio.
La correlazione è la relazione esistente tra due o più investimenti o asset class e studiare se due titoli sono correlati positivamente o negativamente consente di capire se e come una determinata attività finanziaria si muoverà rispetto all’andamento di un’altra.
In particolare, in caso di correlazione negativa, ad esempio, se un particolare titolo o una asset class subisce una perdita, altri strumenti finanziari in portafoglio potrebbero equilibrare queste perdite. Questo rende il portafoglio nel suo insieme più stabile.

Pertanto, costruire un portafoglio ben diversificato e con un buon bilanciamento tra i vari livelli di correlazione riduce il rischio in cui si incorrerebbe investendo in un singolo strumento in caso di imprevisti di mercato. In questo senso, il portafoglio di un fondo comune di investimento offre i benefici derivati dalla diversificazione. Questo rappresenta un vantaggio per il piccolo risparmiatore, il quale, anche con un capitale contenuto, ha la possibilità di acquisire una quota di un portafoglio titoli diversificato di un fondo comune di investimento, senza dimenticare i propri obiettivi e la propria tolleranza al rischio.

Si prega di leggere le Note legali.

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