Armi negli Stati Uniti, cresce la violenza

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Armi negli Stati Uniti. Secondo il gruppo di ricerca senza scopo di lucro Gun Violence Archive, fondato nel 2013, gli USA detengono il drammatico primato mondiale riguardante il numero di episodi di violenza armata: 269 dall’inizio dell’anno fino a giugno 2022; 692 nel 2021 (1,8 al giorno) e 610 nel corso del 2020 (1,6 al giorno). Dall’inizio dell’attività di raccolta dei dati gli episodi di violenza con armi da fuoco, che hanno coinvolto almeno 4 persone, sono aumentati del 39,31%: basti pensare che nel 2013 sono stati “solo” 272, cioè 0,7 al giorno. L’osservatorio tiene anche il conto di tutte le vittime delle armi da fuoco: nel corso del 2022 hanno perso la vita in seguito a un episodio di violenza armata 22.264 donne, uomini e bambini.

Una crescita che è andata di pari passo con l’aumento del numero delle armi da fuoco in circolazione. Secondo il rapporto del Centro di ricerca indipendente Small Arms Survey, un’organizzazione con sede a Ginevra, nei 50 stati federati circolano 393,3 milioni di armi. Un numero impressionante che fa degli States l’unico Paese al mondo dove le armi superano la popolazione (330 milioni) con 120,5 armi da fuoco ogni 100 residenti. Un numero che è più del doppio delle armi del secondo Paese al mondo più armato, lo Yemen, dove le armi da fuoco sono 52,8 ogni 100 abitanti.

In Usa il 39% delle famiglie possiede un’arma da fuoco

Il fatto è che la crescita del numero delle armi negli Stati Uniti aumenterà e, con esse, anche il numero di sparatorie. Anche in questo caso ci vengono in soccorso i numeri. Dal 2016 la quota di famiglie americane che possiede un’arma è salita dell’8% e oggi il 39% dei nuclei familiari americani possiede almeno un’arma da fuoco. E siccome è la paura che alimenta la vendita di armi, è naturale scoprire che nel 2020, durante la pandemia, si sono comprate il 64% di armi in più rispetto all’anno precedente. Ma non è questa la notizia peggiore.

Uno studio, pubblicato dalla Northeastern University, ha infatti rilevato che sono 7,5 milioni gli statunitensi che sono diventati per la prima volta proprietari di armi tra gennaio 2019 e maggio 2021. Significa che a comprare armi non sono più i soliti “appassionati”. Un picco alimentato dall’ondata di paura generata dalla pandemia ma anche, come afferma lo studio, dal clima di tensione e insicurezza dilagato nel Paese all’indomani dell’omicidio di George Floyd, il 25 maggio 2020. Uno studio separato, pubblicato dall’American Academy of Pediatrics nel 2021, ha mostrato inoltre come l’aumento del possesso di armi durante la pandemia abbia portato a tassi più elevati di ferite da arma da fuoco tra i minori in seguito a incidenti domestici.

Circa due terzi dei proprietari di armi negli Stati Uniti possiedono più di una pistola

Un aspetto fondamentale della dipendenza, di una parte dei cittadini USA, verso la necessità di possedere un’arma si può cogliere attraverso i dati che mostrano come, la maggior parte delle volte, l’acquisto di un’arma da parte di un singolo individuo sia ripetuto più volte: chi ne ha, quindi, ne ha tante. Precisamente il 66% dei proprietari ha dichiarato di possederne più di una. Ma il dato più preoccupante è relativo ai cittadini americani letteralmente circondati, nelle proprie abitazioni, da piccoli arsenali domestici: sono infatti circa tre su dieci, il 29% dei proprietari di armi, quelli che possiedono più di 5 armi da fuoco.

Nessun controllo su chi acquista armi negli Stati Uniti

Ma come mai i dati sull’acquisto di armi non provengono da una fonte governativa? La ragione è che in America non esiste un sistema nazionale completo di registrazione delle armi. La legge federale infatti vieta l’uso del National Instant Criminal Background Check System (NICS), il sistema di controllo dei precedenti penali, per creare un sistema universale di registrazione dei proprietari di armi da fuoco. Ognuno dei 50 stati USA ha quindi una legislazione diversa e sono venti quelli che vietano espressamente l’istituzione del registro: in questi Stati è consentito praticamente a chiunque abbia più di 21 anni, anche con precedenti penali o ordini di restrizione per violenza domestica, di portare con sé, per esempio, una pistola, ovunque, senza alcun permesso.

Per la grande maggioranza dei cittadini europei la presenza di armi nella vita di tutti i giorni è qualcosa di inconcepibile. Ma, in realtà, lo è anche per quasi la metà degli americani. Infatti per il 48% di loro rappresenta un grave problema mentre per il 24% è un problema moderato. Solo il per il 22% il problema è “lieve” mentre per il 6% non lo è affatto. Tuttavia per la maggior parte dei cittadini americani, il 56%, il primo problema sociale è un altro ovvero l’accessibilità economica dell’assistenza sanitaria, oggi in cima all’elenco delle priorità del Paese.

Il circolo vizioso della violenza: la Costituzione e la psicologia sociale

Il problema delle armi negli Stati Uniti ha una tripla matrice. Il primo elemento è storico e costituzionale: il diritto ad armarsi sancito dal Secondo Emendamento, foriero di una cultura delle armi quali oggetti di culto identitario e uniche garanti dell’ordine e della sicurezza sociale e personale.

Il secondo è relativo a una questione di psicologia sociale: l’American Anthropological Association, nel corposo studio sul tema “Basta: gli antropologi affrontino la violenza armata” afferma infatti che «le armi da fuoco prontamente disponibili trasformano rapine o litigi in eventi letali il che a sua volta convince le persone che hanno bisogno di armi per proteggersi». Gli USA sono quindi intrappolati, secondo l’associazione di studi antropologici, in un circolo vizioso alimentato anche dai media che ogni giorno esercitando il diritto di cronaca, partecipano ad aumentare la dipendenza psicologica verso le armi soprattutto quando, per ragioni di audience, la violenza viene sovraesposta. E non è un caso che la popolazione femminile, spinta da appelli e immagini che fanno leva sulla paura della criminalità, sia il segmento di acquirenti in più rapida crescita. Ma nella percezione pubblica non emerge un dato essenziale, proprio perché non riceve la stessa attenzione mediatica, una dato che da solo basta a smontare la mitologia delle armi come essenziali alla “difesa”, ovvero che le prime vittime delle armi sono i proprietari stessi: i suicidi infatti sono da tempo responsabili della maggior parte delle morti per armi da fuoco negli Stati Uniti.

La lobby delle armi negli Stati Uniti 

Il terzo elemento è invece politico: ed è direttamente collegato all’ostruzionismo di una parte del Senato statunitense verso ogni legge per il controllo preventivo verso chi vuole acquistare un’arma che, di fatto, è l’unica soluzione realistica che permetterebbe di mettere un freno alla circolazione indiscriminata delle armi in USA.

Per decenni il partito dei “Red States” (gli Stati rossi, il colore tradizionale del partito Repubblicano) ha depotenziato i tentativi legislativi per un maggiore controllo sulla vendita, favorendo l’introduzione di cavilli burocratici da usare come scappatoie per aggirare i controlli, come il “boyfriend loophole” (scappatoia del fidanzato) che permette agli uomini con precedenti per maltrattamenti ma non sposati e senza prole di acquistare lo stesso un’arma da fuoco.

La posizione delle frange più reazionarie e conservatrici sono grandi sostenitrici del Secondo Emendamento anche perché collegate al profitto dell’industria della armi e al potere della NRA, la lobby delle armi da fuoco che, con i suoi oltre cinque milioni di membri, influenza fortemente il partito Repubblicano, finanziando largamente i suoi sostenitori a Capitol Hill, la sede del Governo degli Stati Uniti.

La necessità un cambiamento politico e culturale

Per mettere fine a tutto questo occorre che il Congresso USA approvi la legge sul controllo delle armi che però deve essere accompagnata da un processo di disintossicazione degli americani dalla dipendenza delle armi. Per realizzare una rivoluzione di tale portata è necessario «un vero bipartitismo, una Casa Bianca impegnata, una disponibilità di tutte le parti in causa al compromesso e la volontà di alcuni legislatori di assumersi un rischio politico significativo» come afferma Carl Hulse, il principale corrispondente da Washington del New York Times.

Dopo le sparatorie a pochi giorni di distanza di Uvalde e Buffalo, il Congresso USA ha votato la prima risoluzione dopo anni di impasse legislativo per un accordo bipartisan volto a diminuire la circolazione delle armi e aumentare i controlli. Un accordo che sicuramente «rappresenta l’azione più significativa sulle armi che il Senato ha intrapreso in quasi tre decenni», come ha dichiarato il senatore Chuck Schumer, leader della maggioranza Democratica, ma che rappresenta solo un piccolo passo avanti verso una società finalmente libera dal giogo delle armi.

Il Bipartisan Safer Communities Act

Il 23 giugno, con 234 voti favorevoli e 193 contrari, il Congresso degli Stati Uniti ha promulgato il Bipartisan Safer Communities Act. La nuova legislazione prima di tutto migliorerà i controlli permettendo, per la prima volta, che le autorità abbiano il tempo di esaminare i documenti prima di permettere a un minore di acquistare un’arma. Le nuove attività di vigilanza, precedentemente aggirabili con facilità, andranno principalmente a esaminare la biografia clinica dei minori di 21 anni per impedire a chiunque presenti fragilità psicologiche la possibilità di comprare un’arma. E per gli adulti? Il nuovo protocollo per la sicurezza prevede di attuare le cosiddette “leggi bandiera rossa”, si tratta di leggi sul controllo delle armi che consentono alla polizia di presentare una petizione a un tribunale statale per interdire a un individuo, che si ritiene possa rappresentare un pericolo per gli altri o per se stesso, il possesso di armi. Inoltre il giro di vite contro le armi provvede a bloccare la “scappatoia del fidanzato” con le nuove regole chiunque abbia ricevuto una condanna per violenza contro il proprio partner, anche se non coniugato e quindi solo fidanzato, non potrà acquistare un’arma. La misura riverserà più fondi federali per sostenere i programmi di salute mentale in tutto il Paese e rafforzare la sicurezza nelle scuole. Il decreto prevede di aumentare il controllo per impedire l’acquisto di armi sul mercato nero o attraverso prestanome.

«Il nostro successo, oggi, non rappresenta certo la fine di questa lotta ma è un importante inizio» ha dichiarato Lucy McBath, rappresentante democratica della Georgia al Congresso e madre di un figlio vittima della violenza delle armi da fuoco, «ma la vittoria di oggi ci dà speranza, quella speranza che per decenni abbiamo chiesto invano, la speranza di cui hanno bisogno le nostre comunità, la speranza di cui ha bisogno l’America».

Etica Sgr è da sempre contro le armi

Fin dalla sua fondazione Etica Sgr esprime un fermo no all’industria e alla cultura delle armi, una scelta identitaria per il Gruppo Banca Etica.

Etica Sgr ha escluso dai comparti in cui investono i fondi l’atomo, le armi controverse e le armi convenzionali. Più precisamente sono escluse dagli investimenti dei fondi di Etica Sgr:

  • società con fatturato derivante dalla produzione di armi convenzionali, di loro parti chiave o generiche o altri prodotti o servizi destinati ad uso militare;
  • società coinvolte nello sviluppo, produzione, utilizzo, manutenzione, distribuzione, stoccaggio, trasporto o vendita di armi controverse o di parti chiave di armi controverse (mine antiuomo, bombe a grappolo, armi chimiche, armi biologiche, armi nucleari, schegge non individuabili, armi incendiarie, laser accecanti, Fosforo bianco, Uranio impoverito).

Il rapporto “Don’t bank on the bomb” (“non investire nella bomba” in italiano), lanciato da ICAN (Campagna internazionale per l’abolizione delle armi nucleari – Premio Nobel per la pace 2017) e della Ong olandese Pax posiziona Etica Sgr nella “Hall of Fame”, ovvero nella lista delle realtà che non investono in produttori di armi nucleari.

Una scelta di campo che mette al centro dell’attività economica e finanziaria del Gruppo le persone e il Pianeta in cui vivono per riformulare i fini e i mezzi della finanza, per creare valore economico sostenibile e equo, accrescendo il bene comune giorno per giorno, per tutte e tutti, nessuno escluso.

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