Il cambiamento climatico provoca recessioni più gravi e durature, sostiene la Fed

Il cambiamento climatico ha un impatto significativo sull’economia. Può provocare recessioni più gravi e più lunghe, compromettendo la stabilità economica e finanziaria dei Paesi. A rivelarlo è un nuovo paper della Federal Reserve, dal titolo “Growth at Risk From Climate Change”.

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Il cambiamento climatico è la sfida del XXI secolo

«Il cambiamento climatico è forse la sfida economica e sociale centrale del XXI secolo», inizia così lo studio condotto da Michael T. Kiley per la Fed. «I cambiamenti climatici possono avere un impatto sulla salute, sulla produttività economica e sul tessuto comunitario di tutti gli abitanti del Pianeta».

La maggior parte degli studi macroeconomici condotti finora si sono concentrati sull’impatto del cambiamento climatico sul tasso medio di crescita economica. E con tale approccio, sottolinea l’autore, emergeva un andamento certamente negativo, ma non in modo drammatico.

In questo caso, invece, l’analisi ha valutato la distribuzione dei rischi: la probabilità cioè che il cambiamento climatico possa provocare gravi contrazioni dell’attività economica, anche localizzate in alcune aree del Pianeta. E le conseguenze sulla stabilità economica globale.

Aumentano i rischi per la stabilità economica e finanziaria

Dallo studio emerge che effettivamente il climate change può rendere le contrazioni economiche più gravi e aumentarne la probabilità. E quindi avere un impatto significativo sulla stabilità economica e finanziaria e sul benessere globale. «Una temperatura media più elevata può aumentare il rischio di fattori che portano a una contrazione economica: scarsa produttività in tutti i settori, disturbi al commercio o alle reti di produzione o altri fattori».

L’analisi dei dati: esiste una correlazione tra il Pil reale pro capite e la temperatura

La ricerca ha coinvolto 124 Paesi, quelli con almeno 30 anni di dati sulla variazione percentuale del Pil reale pro capite e delle condizioni meteorologiche. In un periodo tra il 1961 e il 2010. Analizzando i dati emergono 2 elementi degni di nota: «Innanzitutto – si legge nel paper – il mondo è diventato più caldo nei 50 anni coperti dai dati, con la temperatura media in aumento di circa 1°C da metà del XX secolo all’inizio del XXI secolo. In secondo luogo, esiste una correlazione trasversale negativa tra il Pil reale pro capite e la temperatura: i Paesi più caldi tendono ad essere più poveri».

Effetti maggiori per Paesi più caldi e più poveri

L’impatto del cambiamento climatico sarà maggiore nei Paesi più poveri, e più caldi. Lo studio ha analizzato in particolare due casi: i due Paesi dove l’impatto del climate change sarà, in base alle previsioni dei ricercatori, particolarmente forte: l’India e la Nigeria.

Si tratta di due Paesi caldi e a basso reddito. Qui l’impatto del cambiamento climatico sarà superiore rispetto a Paesi con temperature medie inferiori e con un livello di reddito pro capite più alto. Tuttavia i rischi a livello globale saranno comunque elevati, per tutti i Paesi, anche se l’impatto sarà concentrato in alcuni più che in altri.

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