Agenda Onu 2030, gli obiettivi di sviluppo sostenibile restano lontani

Agenda Onu 2030, dei 17 obiettivi di sviluppo sostenibile nessuno è sulla buona strada per essere raggiunto.

È il verdetto della quinta edizione dello Europe sustainable development report 2023/24, pubblicato dall’Onu per verificare a che punto è il piano d’azione che punta alla prosperità globale. Un programma che chiede agli Stati, alle aziende e ai singoli cittadini di mettere in campo comportamenti che contribuiscano a mettere fine alla povertà e all’ineguaglianza, per affrontare i cambiamenti climatici, per creare una società pacifica che rispetti a pieno i diritti umani. Per fare questo l’Onu propone 167 target (dei “mini obiettivi”) ai quali tutti dovrebbero tendere.

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Il report mostra a che punto siamo in Europa nel cammino verso questi traguardi confrontando i progressi dei 27 Paesi europei, con quelli dei Paesi candidati ad entrare in Ue e dei Paesi europei per ragioni geografiche (ad es. Regno Unito, Svizzera, Turchia). E la ragione di questo confronto è che “le normative europee sulla sostenibilità sono oggi considerate come un punto di riferimento globale e hanno la forza di influenzare il comportamento di istituzioni, consumatori, investitori, imprese, agricoltori, ONG e organizzazioni sociali”. Se l’Europa si ferma, lo fanno anche gli altri.

Ed è quello che sta succedendo: l’85% dei 167 target segna uno stop. Anzi, peggio: si sta tornando indietro. Gli ultimi progressi rilevanti risalgono al 2019, prima della crisi pandemica. È come se il mondo avesse fatto tre passi avanti e adesso ne stia facendo cinque indietro.

Agenda Onu 2030, stiamo arretrando

Il cammino verso una maggiore sostenibilità mostrava segni di frenata anche prima della pandemia, prima che scoppiassero la guerra russo-ucraina e la crisi in Medio Oriente e prima che gli effetti del cambiamento climatico diventassero cosi frequenti. Già nel 2019 gli economisti dell’Onu scrivevano che “il progresso graduale e i cambiamenti nelle politiche non sono sufficienti”. E già 5 anni fa sottolineavano che “la povertà relativa e quella assoluta sono entrambe aumentate”. Oggi avvertono che “la frammentazione sociale e la polarizzazione politica stanno crescendo in tutto il mondo”.

In questo scenario il ruolo dell’Europa è ritenuto fondamentale perché il Green Deal europeo, il piano per trasformare l’Unione europea in un’economia a zero emissioni e rispettosa dei diritti individuali, può essere di stimolo e trainare lo sviluppo ambientale e sociale in tutto il mondo. L’Europa è nella posizione di farlo perché affronta questa sfida abbracciando i tre pilastri della cooperazione globale: istituzioni forti, norme concordate e diritto internazionale.

Europa e sostenibilità: quali prospettive?

Attraverso la sua azione esterna l’Europa può guidare il coordinamento internazionale per la creazione di un nuovo modello di prosperità condivisa. Il braccio finanziario dell’Unione europea, la Banca europea per gli investimenti (Bei), è la principale istituzione finanziaria multilaterale al mondo nonché una delle principali finanziatrici dell’azione globale per il clima. E per l’Agenda Onu 2030, il dispositivo che coordina a livello globale i 17 obiettivi, è proprio l’approccio multilaterale (l’orientamento ad assumere politiche coordinate) in stile europeo l’unico in grado di affrontare le sfide senza precedenti che attendono l’umanità e il Pianeta.

A livello teorico tutto questo è vero ma, in pratica, l’Europa deve fare i conti con la realtà, che racconta una diminuzione a 0,24 punti annuali del tasso di progresso europeo verso gli obiettivi Onu nel periodo 2019-2022, mentre nel periodo 2015-2019 era tre volte più rapido. Significa che a questo ritmo un terzo degli Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Onu non sarà raggiunto entro il 2030 da nessun Paese europeo e quindi, molto probabilmente, da nessun Paese al mondo.

I passi indietro più critici sono stati fatto nel campo dell’uguaglianza economica, sanitaria, sociale e di genere.

Ne dà conferma l’Indice delle Nazioni Unite Leave No One Behind, uno strumento inserito accanto all’Indice di progresso dei 17 obiettivi di sviluppo sostenibile per “correggere i valori anomali” che emergono quando si aggregano i risultati di tutti i Paesi. In poche parole per evitare che alti punteggi di pochi Paesi restituiscano dei valori che non riflettono il vero stato delle cose. In questo modo, grazie a questo strumento, si possono fotografare i divari tra i Paesi europei e identificare le aree che necessitano di ricevere più attenzione dai policy maker.

In particolare questo Indice, il cui nome in Italiano si traduce come “Nessuno va lasciato indietro”, mostra come siano in aumento le barriere che le persone incontrano nell’accesso ai servizi, alle risorse e alle opportunità di carriera e istruzione. Tali disuguaglianze non solo ostacolano la mobilità sociale e frenano la crescita economica, ma possono anche alimentare tendenze estreme nella società e portare a nuovi conflitti. La situazione, per quanto riguarda la dimensione dell’accesso ai servizi (sociali, sanitari, scolastici, abitativi, di consulenza giuridica) è particolarmente allarmante: su 34 Paesi considerati, 23 peggiorano i risultati (declino) e 9 non mostrano alcun progresso (stagnazione) come mostra il grafico qui in basso.

Elezioni europee 2024: un bivio per il futuro 

In questo scenario, sono molto importanti le elezioni europee di giugno 2024: attraverso il voto per eleggere il nuovo Parlamento Europeo si traccerà la strada che conduce alla formazione della prossima Commissione europea (il braccio esecutivo politicamente indipendente dell’Ue) che viene definita dai leader nazionali nel Consiglio europeo considerando, appunto, l’esito delle elezioni del Parlamento. I nuovi 27 membri della Commissione dovranno, inoltre, determinare il prossimo bilancio settennale dell’Ue e negoziare il ruolo dell’Europa nella prossima Agenda globale per lo sviluppo sostenibile oltre il 2030.

Per questo la rete delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile chiede al prossimo Parlamento europeo, alla prossima Commissione europea e al Consiglio europeo (composto dai capi di Stato e di governo dell’Ue) di adottare, entro un anno dalle elezioni, una dichiarazione politica congiunta che riaffermi l’impegno dell’Unione nel perseguire gli obiettivi di sviluppo sostenibile.

Etica Sgr, i 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile per l’impatto e il dialogo

La finanza ha oggi un ruolo decisivo per promuovere lo sviluppo sostenibile. Etica Sgr ha preso un impegno cruciale per orientare la sua azione agli SDGs.

Per monitorare la sua attività ogni anno realizza il Report di impatto, documento che misura l’impatto ambientale, sociale e di governance degli investimenti azionari, prendendo come riferimento gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile.

Etica Sgr prende in considerazione gli SDGs anche per l’attività di engagement, ovvero il dialogo con il top management e il voto in assemblea delle aziende nelle quali investono i nostri fondi. L’obiettivo è sollecitare le imprese a intraprendere condotte sempre più responsabili e sostenibili. Così, ad ogni ambito strategico di engagement, è stato associato l’Obiettivo di sviluppo sostenibile corrispondente, toccando tematiche come la salute, l’istruzione, la parità di genere, la lotta alla povertà e la salvaguardia ambientale.

 

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