Sostenibilità nella moda, la strada è ancora lunga

fast fashion

La sostenibilità entra anche nel mondo della moda in termini di promozione di valori green, ma stenta ancora a farsi strada nell’ambito concreto della produzione industriale che risulta fra i maggiori responsabili dell’inquinamento globale. A metterlo in evidenza sono numerose ricerche dalle quali emerge quanto la realizzazione dei capi di moda provochi grandi quantità di emissioni di gas serra. Secondo la Banca Mondiale il settore è responsabile di oltre il 10% di emissioni a livello globale e i Science Based Targets (SBTi) mostrano come il settore dell’abbigliamento e delle calzature producano più emissioni di gas serra del trasporto marittimo e dell’aviazione messi insieme. La Fondazione Ellen MacArthur afferma che circa il 20% delle acque reflue in tutto il mondo proviene dalla tintura e dal trattamento dei tessuti, meno dell’1% degli indumenti usati viene riciclato e l’87% delle fibre utilizzate o degli indumenti finisce in discarica.

Obiettivi ambiziosi in un contesto sfidante

Il mondo della moda ha assunto impegni piuttosto ambiziosi sul fronte della riduzione delle emissioni di gas serra, ma, secondo quanto riferito da un recente report di McKinsey, società internazionale leader nella consulenza, la strada è ancora lunga. Lo studio prende in esame trenta marchi di moda, facendo emergere i seguenti aspetti:

  • La maggior parte dei brand di moda analizzati potrebbe ridurre le proprie emissioni di gas serra di oltre il 60% per meno dell’1-2% dei propri ricavi.
  • In media, le aziende della moda incluse nell’analisi si sono impegnate a ridurre le emissioni Scope 1 e 2 di circa il 55% (le prime sono emissioni derivanti da fonti di proprietà o controllate dalle imprese in oggetto, le seconde le emissioni connesse con l’energia acquistata dall’impresa, anzitutto ai fini dei consumi elettrici). Le Scope 3 (relative alla mobilità dei dipendenti, alla catena di fornitura, all’utilizzo dei beni prodotti) invece dovrebbero calare di circa il 35% entro il 2030. Solo il 37% delle aziende, però, è sulla buona strada per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione del 2030, supponendo che continuino a ridurre l’intensità delle emissioni ai ritmi attuali.
  • Circa due terzi dei marchi sono in ritardo con i propri programmi di decarbonizzazione e se l’industria globale della moda non correrà velocemente ai ripari si prevede che le emissioni globali riconducibili al fashion aumenteranno del 30% entro il 2030. La produzione di magliette e scarpe è più che raddoppiata negli ultimi 25 anni, con il 75% dei prodotti che finisce bruciato o nelle discariche. L’industria si è anche impegnata a promuovere prodotti come carbon positive, organici o vegani, introducendo nuovi modelli di business come riciclo, rivendita, noleggio, riutilizzo e riparazione. Tuttavia, nonostante queste affermazioni, gli sforzi di sostenibilità dell’industria della moda non hanno ridotto il loro impatto sul pianeta.
  • Il cambiamento climatico ha effetti devastanti proprio sulla catena del valore di questa industria: alcuni fra i principali Paesi produttori come Bangladesh, Cina, India e Vietnam, che esportano abbigliamento per 65 miliardi di dollari, sono anche quelli maggiormente colpiti dai fenomeni climatici estremi legati al surriscaldamento terrestre, in particolare le alluvioni.

sostenibilità nella moda

Le sfide da vincere per diventare sostenibili

McKinsey ha individuato diverse buone pratiche da introdurre per consentire all’industria della moda di rafforzare l’approccio alla sostenibilità:

  • Crea valore commerciale dai progressi nella sostenibilità: in primo luogo le imprese della moda dovrebbero capire cosa interessa ai consumatori in termini di sostenibilità e quindi realizzare prodotti che rispondano a questa esigenza coinvolgendo ogni livello aziendale.
  • Concentrarsi su transizione dei materiali e transizione energetica dei fornitori: i marchi di moda dovrebbero collaborare con i propri fornitori per migliorare l’efficienza energetica, nell’uso della tecnologia e nell’accessibilità all’elettricità da fonti rinnovabili. La mancanza di trasparenza nella catena di approvvigionamento rende difficile stimare le emissioni di carbonio del settore, che variano dal 4% al 10% delle emissioni globali. La trasformazione delle fibre in indumenti è un’attività energivora e rappresenta circa il 70% delle emissioni.
  • Sviluppo di una roadmap dettagliata: i vertici aziendali sono chiamati a definire i passi da compiere per una trasformazione pianificata verso la decarbonizzazione. Fondamentale è stabilire le priorità e ordinare le azioni in base alle reali capacità di abbattimento e ai costi.
  • Dati granulari al centro: l’accesso a dati affidabili è essenziale se le aziende della moda vogliono progredire nel loro percorso di decarbonizzazione, rispettare le normative sulla sostenibilità e fornire informazioni sulla sostenibilità ai consumatori. I marchi devono passare dai dati medi del settore ai dati primari attraverso partnership con i principali fornitori di tracciabilità e misurazione dell’impatto e una stretta collaborazione con i fornitori. È necessario aumentare il livello di trasparenza riguardo i principali impatti ambientali della produzione e distribuzione dei capi di abbigliamento. Ad esempio, rendicontando la quantità di capi prodotti e venduti, per area geografica.
  • Miglioramento dell’esecuzione e della gestione della trasformazione: dedicare un team al progetto di decarbonizzazione rappresenta la chiave del successo. I dirigenti senior che guidano questo gruppo devono essere responsabili dei suoi progressi, assegnare compiti alle persone più competenti all’interno di un’organizzazione e creare un rigido piano di trasformazione con un monitoraggio sistematico dei progressi.
  • Collaborazione al centro: se si vuole che gli obiettivi di decarbonizzazione del settore diventino realtà, l’intero ecosistema della moda dovrà collaborare. I marchi con significative sovrapposizioni di fornitori, ad esempio, potrebbero definire congiuntamente percorsi di decarbonizzazione e creare una massa critica per investire in iniziative di decarbonizzazione che coinvolgano la catena del valore. I brand potrebbero anche collaborare con le istituzioni finanziarie per aiutare i fornitori ad ottenere un migliore accesso ai finanziamenti legati alla sostenibilità.

Alleanza verde: nasce l’ecomoda

La consapevolezza sull’impatto ambientale, di cui l’industria della moda è responsabile, ha spinto più di 160 marchi ad aderire all’organizzazione no-profit The Fashion Pact, la più grande iniziativa guidata dai CEO per la sostenibilità del settore. Il “Patto” si impegna a raggiungere zero emissioni nette di carbonio entro il 2050, ad avere il 50% di fonti rinnovabili nelle proprie attività entro il 2025 e il 100% entro il 2030 con circa un terzo dei membri.

Un focus particolare è dedicato all’uso di materiali sostenibili insieme al rispetto dei diritti delle persone coinvolte nel processo produttivo. Le aziende, infatti, si impegnano a seguire certificazioni come il Fair Trade Certified specializzato in commercio equo e solidale.

Queste iniziative rientrano pienamente in quella che oramai da tempo è indicata come ecomoda, un movimento e un processo di promozione di un sistema di produzione che valorizzi l’ambiente e la responsabilità sociale. Il focus è sul ciclo di vita del prodotto dall’origine delle materie prime passando per la produzione, dal consumo fino allo smaltimento finale. Le aziende che ambiscono a essere considerate etiche sono quelle che si concentrano sui seguenti aspetti chiave.

  • Uso di materiali ecologici che hanno un minore impatto ambientale rispetto a quelli sintetici o non sostenibili.
  • Produzione etica che si preoccupa delle condizioni di lavoro di coloro che producono i capi di abbigliamento. Ciò include il pagamento di salari equi, la garanzia di condizioni di lavoro sicure e il rispetto dei diritti umani e del lavoro.
  • Produzione a basso impatto ambientale attraverso l’uso di energia rinnovabile, la riduzione di emissioni di gas serra, l’ottimizzazione dell’uso dell’acqua, l’eliminazione di sostanze chimiche tossiche e la riduzione dei rifiuti e dell’inquinamento durante il processo di produzione.
  • Durabilità a lungo dei capi di abbigliamento che non devono essere sostituiti con la stessa frequenza dei capi di moda “fast”.
  • La moda sostenibile promuove l’uso di materiali riciclati e l’upcycling, il processo di trasformazione di prodotti dismessi o non più usati in nuovi prodotti di valore superiore.
  • Consumo consapevole. Le aziende di moda che siano veramente etiche dovrebbero essere trasparenti sulle loro pratiche di produzione permettendo ai consumatori di fare scelte informate.

Moda e rispetto dei diritti umani sulla catena di fornitura

Dario MarroneL’industria della moda, e in particolare il settore della fast fashion, è spesso criticata per le pratiche lavorative nelle sue catene di fornitura. Come fare per rivalutare le proprie pratiche e adottare politiche più etiche? «Le società possono incentivare una mitigazione dei rischi derivanti dal mancato rispetto dei diritti umani nella catena di fornitura, implementando un efficace sistema di due diligence» commenta Dario Marrone, ESG Analyst di Etica Sgr. «Questo può essere realizzato partendo da un serio risk assessment che evidenzi le materie prime e le aree geografiche che più espongono la società a questi rischi. Successivamente la società dovrebbe implementare un sistema efficace di monitoraggio di questi rischi, attraverso l’utilizzo di audit sul campo e assessment di terze parti».

L’engagement di Etica Sgr per il rispetto dei diritti umani

L’engagement rappresenta per Etica Sgr un elemento imprescindibile del modo di intendere e praticare gli investimenti responsabili. L’obiettivo di questa attività è condurre le imprese verso comportamenti più sostenibili, portandole ad assumere decisioni che prendono in considerazione anche tematiche sociali, ambientali e di buon governo (ESG) nelle proprie politiche aziendali.

Vuoi scoprire tutti i risultati dell’attività di dialogo con le imprese? Scarica il nostro Engagement & Stewardship Report.


Si prega di leggere le Note legali.

Ti potrebbe anche interessare