Disuguaglianze e cambiamenti climatici colpiscono in primis i bambini

Entro il 2030, in appena sette anni, oltre due miliardi e mezzo di bambini, ovvero 4 su 5, vivranno e subiranno le conseguenze di almeno un evento climatico estremo.

Questi sono i dati, molto preoccupanti, diffusi da Child Atlas, la piattaforma dell’Organizzazione non governativa Save The Children, in grado di confrontare, analizzare e quindi aiutare a comprendere meglio le condizioni di vita delle bambine e dei bambini in tutto il mondo.

In un contesto sempre più segnato dalle sfide ambientali e sociali, le disuguaglianze e i cambiamenti climatici emergono come due delle maggiori minacce che affrontiamo oggi. La salute dei bambini, il loro benessere e il loro futuro sono messi a rischio da queste problematiche interconnesse, evidenziando la necessità urgente di azioni mirate e inclusive per proteggere le generazioni future.

Child Atlas: i dati sulle disuguaglianze dei bambini nel mondo

 L’umanità ha il dovere di dare al fanciullo il meglio di sé stessa… inizia così la Dichiarazione dei diritti del fanciullo il documento che, per la prima volta nella storia, mette per iscritto i diritti dei bambini e i doveri che la società ha verso di loro. Autrice della Dichiarazione, redatta a Ginevra nel 1923 e l’anno successivo adottata dall’Assemblea generale della Società delle Nazioni, è Eglantyne Jebb infermiera volontaria durante la Prima Guerra Mondiale e fondatrice nel 1919 dell’Organizzazione non governativa internazionale Save the Children.

L’esperienza sul campo di guerra come infermiera, l’aver visto con i propri occhi gli impatti che i conflitti hanno sui bambini, portò Eglantyne Jebb a maturare una nuova consapevolezza: tutti gli eventi bellici sono “sempre e innanzitutto” contro l’infanzia.

Da questo nuovo principio, assolutamente non scontato né allora né oggi, affiora un’idea da condividere con tutta la società civile, ossia la matrice alla base della creazione di Save the Children, “è necessario dare ai bambini dei diritti peculiari, distinti da quelli degli adulti”.

Intenti e parole nobilissime, eppure cento anni fa Eglantyne Jebb veniva arrestata a Trafalgar Square mentre denunciava ad alta voce le condizioni dei bambini abbandonati a sé stessi dopo il passaggio della macchina bellica della Prima Guerra Mondiale.

La forza etica di questo pensiero è rivoluzionaria, a tal punto che Papa Benedetto XV nell’enciclica Annus Iam Plenus, loda pubblicamente Save the Children per il suo lavoro. È la prima volta nella storia che la Chiesa Cattolica supporta una causa promossa da un’organizzazione non confessionale.

A un secolo di distanza dalla Dichiarazione dei diritti del fanciullo, che è alla base della Convenzione ONU sui diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza del 1989, i risultati sono amari. Oggi come allora infatti i bambini sono le prime e ultime vittime di ogni guerra e nonostante tutti i Paesi del mondo riconoscano all’infanzia il suo carattere speciale[1], i bambini restano maggiormente esposti ai danni dei conflitti bellici anche dopo che è stato dichiarato il “cessate il fuoco”.

La realtà ci mostra chiaramente che le guerre non cessano con il silenzio dei mortai. Le ferite psicologiche perdurano e gli ostacoli all’istruzione sono difficilmente colmabili, perché le ostilità non terminano solo in virtù di accordi bilaterali. Le mine giocattolo, i tristemente noti pappagalli verdi presenti nei territori anche dopo decenni dalla fine delle ostilità, ce lo ricordano ogni istante.

È doloroso constatare che la denuncia di Eglantyne Jebb è oggi ancora attuale, ma è anche necessario perché serve per restare umani. Per questo Save The Children ha sviluppato e messo in rete nuovo strumento di raccolta dati per fare luce sulle disuguaglianze dei bambini nel mondo e stimolare la catena di aiuti e azioni individuali e collettive per porvi rimedio. Lanciata in occasione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, Child Atlas è una piattaforma utilizzabile ad esempio per comparare i tassi di matrimonio precoce nel mondo; per monitorare l’incidenza della mortalità sotto i cinque anni nei Paesi con una minore copertura dei servizi sanitari di base o per analizzare la correlazione tra il livello di istruzione delle madri e la salute dei bambini. Ma anche per effettuare previsioni e pianificazioni di interventi in seguito a conflitti armati o disastri naturali, per comprendere le esigenze dei bambini nelle aree colpite e sviluppare azioni umanitarie mirate.

L’impatto del cambiamento climatico sui bambini

Dalle analisi realizzate con Child Atlas è emerso innanzitutto il ritardo nei progressi verso il raggiungimento degli Obiettivi di Sostenibilità (SDGs) che riguardano la popolazione infantile. Infatti, sulla base degli attuali ritmi di avanzamento, non sarà possibile entro il 2030 (data limite del programma Onu) vedere realizzati i goals di sostenibilità delle Nazioni Unite.

Non solo, l’analisi porta in primo piano l’impatto del cambiamento climatico sull’infanzia. Il database può essere utilizzato infatti per confrontare le condizioni dei bambini che abitano nelle regioni colpite da eventi climatici estremi e prevedere l’impatto futuro dei cambiamenti climatici sulla salute e il benessere infantile.

I primi dati emersi non sono incoraggianti. Anche sul fronte del clima, come su quello della guerra, i danni non riguardano solo l’immediato ma vanno analizzati in ottica collaterale.

Ad esempio, il numero di bambine che rischiano di subire il duplice rischio degli impatti del cambiamento climatico e del matrimonio infantile è destinato ad aumentare del 33%, colpendo quasi 40 milioni di ragazzine entro il 2050.

In molti Paesi l’aggravarsi della disoccupazione è dovuta a un evento climatico estremo: in India le ondate di calore di questa estate hanno messo in ginocchio l’agricoltura e l’edilizia e hanno impedito alle persone di lavorare a causa di temperature vicine ai 45°gradi. E proprio in questi frangenti si assiste ad un aumento dei matrimoni precoci, extrema ratio di nuclei famigliari precipitati nell’impossibilità di sostenere i propri figli e quindi costretti a dare in spose le proprie figlie ancora bambine.

Per rendersi conto di come indicatori di sviluppo e criticità siano una rete collegata, il Think tank sull’intelligenza artificiale per gli obiettivi di sviluppo sostenibile (AI4SDG) ha sviluppato questa infografica (per interagire cliccate su un nodo e trascinatelo verso l’esterno).

Cambiamento climatico, entro il 2030 oltre due miliardi e mezzo di bambini vivranno e subiranno le conseguenze di almeno un evento climatico estremo.

L’appello di Save The Children ai governi mondiali

Gli SDGs, come ha dichiarato l’amministratrice delegata di Save The Children. Inger Ashing in occasione della presentazione di Child Atlas “sono la migliore bussola di cui disponiamo per tracciare una via d’uscita e costruire un pianeta più verde e più equo per tutti i bambini”. Il lancio della piattaforma open data è stato accompagnato anche da un appello rivolto ai governi mondiali. Eccolo:

  • Pianificare con chiarezza il percorso da intraprendere: i governi devono annunciare piani chiari, con scadenze precise, costi e finanziamenti a disposizione per raggiungere gli SDGs, incluse le misure per consentire la piena, sicura, significativa e inclusiva partecipazione dei bambini.
  • Sbloccare e aumentare i finanziamenti: i governi dovrebbero sbloccare nuovi finanziamenti e trovare spazi fiscali per attuare i piani e fare in modo che il sistema finanziario funzioni, anche attraverso sia la cooperazione multilaterale sia i progetti di solidarietà, in linea con quanto previsto dal Goal 17 dell’Onu – “Partnership per gli Obiettivi” – e con l’Agenda d’azione di Addis Abeba.
  • Incrementare gli investimenti nei confronti dei bambini: investire nei bambini significa garantire finanziamenti maggiori (e migliori) per le reti di sicurezza, i servizi e le politiche essenziali in materia di salute, nutrizione, istruzione e protezione dell’infanzia.

Questi investimenti e azioni contribuiranno a costruire un mondo più stabile in cui i bambini non solo potranno affrontare i momenti difficili, ma anche raggiungere il loro pieno potenziale.

Etica Sgr per l’ambiente e i diritti dei minori

Etica Sgr è da sempre in prima linea sul tema del cambiamento climatico e più in generale sul tema ambientale. Nel nostro DNA l’approccio ambientale è comunque sempre valutato anche rispetto alla dimensione sociale e di governance (ESG). Questo approccio tridimensionale, che abbiamo intrapreso ventuno anni fa, sta vivendo un crescente riconoscimento globale, corroborato dalla transizione verso un’economia resiliente e a basse emissioni di carbonio. Occorre però sempre valutare anche gli effetti in termini di implicazioni sul lavoro e, in modo più ampio, sulla comunità.

In qualità di investitore responsabile, Etica Sgr ritiene fondamentale tutelare i diritti umani e in particolare i diritti dei minori. Punti di riferimento in questo senso sono la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e le Convenzioni dell’ILO – International Labour Organization – sulla lotta al lavoro forzato, al lavoro minorile, a ogni forma di discriminazione sul luogo di lavoro e sulla promozione della libertà di associazione e della contrattazione collettiva.

Per maggiori informazioni è possibile consultare il Report d’Impatto.

[1] Dal 1989 ad oggi 195 Paesi hanno aderito alla Convenzione. L’Italia l’ha ratificata con la Legge n.176 del 27 maggio 1991.

Si prega di leggere le Note legali.

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