Disarmo nucleare, grande obiettivo della finanza etica

Armi nucleari: sono passati molti decenni da quando le bombe atomiche americane hanno distrutto le città di Hiroshima (6 agosto 1945) e Nagasaki (9 agosto 1945) con 60 mila e 40 mila vittime (civili) rispettivamente. Sembra un’epoca lontana quella della guerra fredda, dove USA e URSS tenevano il mondo in scacco con il cosiddetto “equilibrio del terrore”: il freno psicologico che ha impedito un conflitto mondiale capace, potenzialmente, di distruggere il mondo.

Un mondo di armi nucleari

Il tema delle armi nucleari non appartiene solo al Novecento, a immagini in bianco e nero. Il problema è attualissimo: basti pensare che oggi nel mondo ci sono circa 13.000 testate nucleari: 9.000 in coda per lo smantellamento (ma ancora intatte) e 4.000 pronte all’uso sui missili intercontinentali e nelle basi militari.

È passato mezzo secolo dalla firma del TNP (il Trattato di non proliferazione nucleare), firmato nel 1968, che richiede ai Paesi firmatari d’impegnarsi per il disarmo e per l’uso dell’energia nucleare solo a fini pacifici, eppure numeri fotografano una realtà preoccupante, come ricorda un articolo di Sbilanciamoci.

La Gran Bretagna, dopo la Brexit, ha annunciato nel 2020 di voler incrementare il suo arsenale nucleare del 40%, arrivando ad un massimo di 260 testate. La Cina, altra firmataria del TNP, nel 2018 aveva 290 testate e ora se ne stimano 350, seppur non schierate, cioè non pronte immediatamente a partire. Diversi Paesi europei, ufficialmente non dotati di armi nucleari come il Belgio, la Germania, i Paesi Bassi, la Turchia e anche l’Italia (nelle basi di Aviano e Ghedi) ospitano sul proprio territorio nazionale bombe statunitensi B-61. La Corea del Nord procede nel suo programma nucleare, rimanendo al di fuori del TNP, come anche India, Israele e Pakistan.

Disarmo nucleare, processo in stallo

disarmo nucleare

Il processo di disarmo sembra essere a una battuta d’arresto. Dopo la decisione dell’amministrazione Trump di bloccare l’accordo precedentemente firmato con l’Iran durante l’Amministrazione Obama (JCPOA), finalizzato ad evitare che Teheran si dotasse di tali armi, i negoziati non sono ancora ripresi.

Intanto l’opzione nucleare continua a comparire nei documenti strategici delle grandi potenze e della Nato, che ha recentemente sottolineato l’importanza «dell’impegno a mantenere un mix appropriato di capacità di difesa nucleare, convenzionale e missilistica per la deterrenza e la difesa» (estratti di un comunicato del Consiglio Nord Atlantico, Bruxelles 14 giugno 2021).

Qualche timido segnale positivo sulla strada del disarmo nucleare si può registrare. Come il recente accordo tra Joe Biden e Vladimir Putin per prolungare la validità del trattato New Start (New Strategic Arms Reduction Treaty) per un altro quinquennio. Un trattato che limita le armi nucleari strategiche, fissando un tetto di 1.550 testate e 700 missili e bombardieri dispiegati per ciascuno dei due Stati.

L’Iniziativa di Stoccolma

Nel 2019 sedici Stati non dotati di armi nucleari (NNWS) hanno lanciato l’Iniziativa di Stoccolma sul disarmo nucleare. Per incoraggiare una discussione costruttiva sul progresso della diplomazia e per accelerare la dismissione delle testate. Nel 2020 sono state presentate a Berlino 22 proposte, le cosiddette Stepping Stones: «trampolini di lancio per l’avanzamento del disarmo nucleare progettati per ridurre in vario modo l’importanza delle armi nucleari, ricostruire abitudini di cooperazione, ridurre i rischi nucleari e aumentare la trasparenza».

Nel luglio 2021 l’iniziativa si è tenuta a Madrid. Hanno co-presieduto l’evento: i ministri degli Esteri della Spagna, Arancha González Laya, della Svezia, Ann Linde, e della Germania, Heiko Maas  ). E hanno partecipato anche Argentina, Canada, Finlandia, Germania, Indonesia, Giappone, Giordania, Kazakhstan, Paesi Bassi, Nuova Zelanda, Norvegia, Corea del Sud, Spagna, Svezia e Svizzera.

26 settembre: giornata mondiale per l’eliminazione totale delle armi nucleari

Il 26 settembre ricorre la Giornata Internazionale per l’eliminazione delle armi nucleari, ricorrenza voluta dalle Nazioni Unite. Di fatto il tema è stato al centro della prima risoluzione approvata dall’Assemblea nel 1946. La battaglia contro le armi nucleari ha visto un altro momento molto importante il 7 luglio del 2017, con il voto a New York del testo del Trattato TPNW di proibizione delle armi nucleari. Il TPNW è entrato in vigore a gennaio 2021, quando l’Honduras ha ratificato il Trattato come 50° Stato al mondo. Sull’adesione al TPNW sta lavorando ICAN (International Campaign to Abolish Nuclear Weapons), coalizione globale della società civile che lotta per promuovere la piena implementazione del Trattato per la proibizione delle armi nucleari. ICAN, di cui fa parte la Rete italiana pace e disarmo, ha vinto il Premio Nobel nel 2017.

La finanza etica dice no al nucleare

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Contro il nucleare si è sempre schierata la finanza etica. Etica Sgr, infatti, nel rapporto Don’t bank on the bomb (“non investire nella bomba”), lanciato da ICAN (Campagna internazionale per l’abolizione delle armi nucleari) e della Ong olandese Pax, risulta nella “Hall of Fame”. Nella lista cioè delle realtà che non investono in produttori di armi nucleari.

Etica Sgr ha escluso l’atomo dai comparti in cui investe e sono esclusi anche gli investimenti in altre armi controverse così come in armi convenzionali

«Etica Sgr considera il tema del disarmo nucleare importantissimo, direi identitario. I nostri fondi comuni dicono no a qualsiasi produttore di armi fin da quando sono stati istituiti, nel 2003. Con il nostro approccio etico alla finanza contribuiamo a far vivere concretamente uno dei principi fondamentali della Costituzione: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali” (Art. 11)».

Luca Mattiazzi, Direttore Generale di Etica Sgr

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