Il riarmo non è sostenibile: intervista su La7 a Daniela Pometto

Il riarmo non è sostenibile: Daniela Pometto, Head of Marketing and Communication di Etica Sgr risponde alle domande di LIKE, su LA7.

L’impatto ambientale delle attività militari

Quando si parla di guerra la mente corre subito ai costi umani, alle tensioni geopolitiche e all’impatto sui bilanci pubblici. Ma c’è un altro prezzo, spesso meno visibile, di carattere ambientale. Le attività militari consumano enormi quantità di energia, inquinano e devastano le risorse naturali, sostiene Daniela Pometto, Head of Marketing and Communication di Etica SGR.

Daniela Pometto – «Le conseguenze sono devastanti non solo sul presente, ma anche sul pianeta che lasceremo ai nostri figli. Ogni conflitto significa esplosioni, incendi, consumo di carburante, distruzione di infrastrutture e contaminazione di suolo e di falde acquifere. La macchina bellica non si ferma nemmeno in tempi di pace: la produzione, la manutenzione e la logistica delle armi comportano un’impronta ecologica di dimensioni enormi. Eppure, questi dati raramente compaiono nei bilanci o nei protocolli internazionali sul clima.»

L’insostenibilità economica e sociale della spesa militare

Negli ultimi anni si è assistito a una corsa della spesa militare. I conflitti aperti nel mondo e la percezione diffusa di insicurezza hanno spinto molti governi a incrementare la spesa militare, superando in diversi casi il due percento del PIL, cioè della ricchezza prodotta nell’anno da un intero Paese.

Daniela Pometto – «Assistiamo a un duplice fenomeno: se da un lato la difesa viene presentata come una necessità strategica, dall’altro cresce la consapevolezza che un mondo più armato non è necessariamente più sicuro. L’escalation militare non è sostenibile, né dal punto di vista socio-ambientale, né tanto meno da quello economico. Dato che le risorse pubbliche non sono infinite, le somme destinate alle armi vengono inevitabilmente sottratte ad altri settori come istruzione, sanità e transizione ecologica.»

La scelta di Etica Sgr: escludere il settore delle armi dai propri fondi

Va detto che nell’ultimo anno e mezzo i titoli azionari del comparto difesa hanno registrato rialzi significativi, trainati dalla crescita della domanda globale. Tuttavia è fondamentale riconoscere che gli investimenti nel settore rappresentano un trend legato al contesto geopolitico attuale. La loro attrattività è temporanea e, come la storia ci insegna, non è sostenibile a lungo senza gravi conseguenze.

Daniela Pometto – «Per quanto ci riguarda abbiamo scelto un approccio senza compromessi: per noi investire in modo responsabile significa escludere tutte le armi, siano esse controverse o convenzionali. I nostri fondi non investono in aziende coinvolte nella produzione, commercio o distribuzione di armi, o che violano i diritti umani. Non solo. Attraverso il dialogo con le imprese promuoviamo infatti politiche di trasparenza, riduzione delle emissioni e gestione responsabile delle catene di approvvigionamento.»

Finanza come strumento di Pace: il ruolo dei risparmiatori nel costruire valore

I risparmiatori hanno un grande potere: possono orientare le proprie decisioni di investimento verso modelli economici che non alimentano la distruzione, bensì la costruzione di valore condiviso. In questo modo la finanza può rivelarsi un tassello importante per costruire pace e giustizia e tutelare il pianeta nel tempo.

Daniela Pometto – «È importante ricordare che la sostenibilità non è un costo, ma un investimento sul futuro. Continuare a destinare risorse al riarmo significa alimentare un ciclo di instabilità e degrado ambientale, oltre che sociale. Mentre investire in settori come energia pulita, istruzione, innovazione e salute genera sicurezza reale, quella che punta al benessere delle persone e alla salvaguardia del pianeta. Così la finanza potrà dirsi davvero etica, cioè capace di trasformare il capitale in strumento di pace.»

Si prega di leggere le Note legali.

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