La connessione tra oceani, ambiente e alimentazione rende la salvaguardia della biodiversità marina una priorità non solo ecologica, ma anche economica. Aldo Bonati, Stewardship and ESG Networks Manager di Etica Sgr, approfondisce in un’intervista a Financialounge le sfide e le opportunità legate agli investimenti etici e al ruolo sempre più rilevante della finanza nella protezione degli ecosistemi marini.
La biodiversità è in pericolo, gli investitori responsabili possono fare la differenza
Financialounge. «La biodiversità marina è in pericolo, lo leggiamo in tantissimi report. In che modo Etica Sgr sta integrando anche la salvaguardia dell’ecosistema marino nelle attività ESG?»
Bonati. «Per Etica la gestione del rischio legato alla biodiversità è un tema centrale. L’impegno della Sgr inizia nel 2020 con la firma del Finance for Biodiversity Pledge. Da allora, la società ha sviluppato una campagna articolata attorno ai cinque pilastri del pledge: condivisione della conoscenza, engagement con le aziende, definizione di obiettivi, misurazione dell’impatto e rendicontazione pubblica. Ogni anno, Etica Sgr pubblica un report sulle principali attività svolte in questo ambito, rafforzando la trasparenza e la responsabilità del proprio operato. Di recente, è entrata ufficialmente a far parte della Finance for Biodiversity Foundation, consolidando ulteriormente il proprio impegno. Nel 2023, Etica SGR ha aderito anche a Spring, un’iniziativa di dialogo collaborativo promossa dal PRI (Principles for Responsible Investment), il principale network mondiale di investitori responsabili. L’iniziativa si concentra sul dialogo con aziende capaci di influenzare la politica ambientale nei Paesi a maggior rischio per la biodiversità. Un’attività che si affianca a quella di advocacy condotta con governi, regolatori e standard setter, particolarmente rilevante quando si parla di ecosistemi marini.»

Ecosistemi marini, è importante identificare i rischi
Financialounge. «Di recente c’è stata la conferenza delle Nazioni Unite sugli oceani, che ha sottolineato l’importanza di tutelare le risorse marine e costiere. Il mondo finanziario è pronto ad integrare la tutela dell’ecosistema marino nelle strategie ESG?»
Bonati. «Il mondo finanziario è sempre alla ricerca di nuovi temi di investimento da proporre ai propri clienti. Esistono alcune soluzioni di investimento relative alla tutela degli ambienti marini nel mercato dei public markets, solo che queste soluzioni sono ancora abbastanza limitate, quindi è importante svilupparle e agire con molta cautela. Perché l’ambito degli ecosistemi marini è un ambito di cui si conosce ancora molto poco e quindi i rischi sono ancora poco identificati. Uno dei temi più dibattuti è quello del deep seabed mining, l’estrazione mineraria dai fondali oceanici. Su questo fronte, Etica Sgr ha sottoscritto insieme ad altre 36 istituzioni finanziarie internazionali il Global Financial Institution Statement to Governments on Deep Seabed Mining, che invita a una maggiore regolamentazione e cautela nello sviluppo di questa attività. In vista della conferenza della International Seabed Authority del prossimo 21 luglio, il documento è stato riaperto alla sottoscrizione, e Etica Sgr invita altre istituzioni a unirsi a questo appello.»

Oceani, clima e alimentazione: manca un coordinamento nelle politiche internazionali
Financialounge. «C’è un altro aspetto importante da sottolineare, la connessione tra oceani, clima e alimentazione. Quali sono le sfide e le opportunità che possiamo evidenziare in questo settore anche dal punto di vista degli investimenti?»
Bonati. «L’interconnessione tra oceani, clima e alimentazione apre inoltre nuove sfide e opportunità dal punto di vista degli investimenti sostenibili. Tra i rischi principali vi è la mancanza di coordinamento nelle politiche internazionali, come dimostra il recente executive order dell’amministrazione statunitense, che rischia di favorire una corsa all’estrazione dai fondali senza un’adeguata valutazione dei rischi ambientali ed economici. Un segnale positivo arriva tuttavia dalla Conferenza delle Nazioni Unite sugli Oceani: il trattato internazionale High Seas Treaty — che punta a regolare le attività nelle acque internazionali — ha visto un’accelerazione nelle adesioni, passando da 28 a 51 Stati firmatari, con altri 14 che si sono impegnati a sottoscriverlo. Il trattato potrà entrare in vigore con la ratifica di almeno 60 Stati, aprendo la strada a una gestione più equa e sostenibile delle risorse marine ed evitando il rischio di una “corsa all’oro”. Sono temi molto importanti, non soltanto da punto di vista degli investimenti, ma proprio per la sostenibilità del nostro ambiente e di tutte le specie viventi.»