Più armi, meno investimenti sociali: nel 2024 spesa militare record secondo il report SIPRI

Il 2025 si apre con un dato inequivocabile: la spesa militare globale ha raggiunto nel 2024 i 2.718 miliardi di dollari, il livello più alto mai registrato. È il decimo anno consecutivo di crescita e segna il più forte incremento annuale (+9,4%) dai tempi della Guerra Fredda.

Secondo il nuovo rapporto del SIPRI (Stockholm International Peace Research Institute), oltre 100 Paesi hanno aumentato il loro budget militare, portando il carico globale al 2,5% del PIL mondiale. Una corsa alimentata da tensioni geopolitiche, conflitti regionali e nuove dottrine strategiche, che ridefinisce le priorità delle economie globali: più spese per la difesa, meno investimenti sociali.

Spese militari e costi sociali: il dilemma economico

L’aumento globale delle spese militari non è solo una questione di sicurezza, ma anche di scelte economiche che lasciano segni profondi sul tessuto sociale. Secondo il nuovo report, paesi come Germania e Francia hanno allentato i vincoli di bilancio per finanziare il riarmo, mentre il Regno Unito ha tagliato gli aiuti esteri per sostenere le proprie forze armate. In Myanmar, le risorse sottratte a sanità e istruzione sono finite nella difesa. Questi spostamenti di bilancio, avverte SIPRI, rischiano di erodere la coesione sociale e ampliare le disuguaglianze, alimentando tensioni interne nel medio periodo.

Più armi, meno investimenti sociali: nel 2025 spesa militare record secondo il report SIPRI
Il grafico del report SIPRI mostra l’evoluzione della spesa militare globale suddivisa per macroregioni (Americas, Europe, Asia and Oceania, Middle East, Africa).

I cinque stati che spendono più in armamenti

Il peso maggiore nella spesa globale è concentrato in pochi attori:

  • Stati Uniti: 997 miliardi di dollari, il 37% della spesa globale e il 66% di quella NATO.
  • Cina: 314 miliardi di dollari, una crescita continua da 30 anni.
  • Russia: 149 miliardi di dollari, +38% in un solo anno.
  • Germania: 88,5 miliardi di dollari, quarta al mondo.
  • India: 86,1 miliardi di dollari, quinta potenza militare.

Questi cinque Paesi rappresentano da soli il 60% della spesa mondiale. Gli Stati Uniti, in particolare, hanno destinato ingenti risorse alla modernizzazione nucleare e al rafforzamento di capacità convenzionali e cibernetiche, in linea con la loro National Defense Strategy. La Cina ha invece accelerato sull’espansione della propria forza aerea e navale, puntando alla modernizzazione totale entro il 2035.

Europa: la guerra in Ucraina spinge il riarmo

La spesa militare europea ha raggiunto 693 miliardi di dollari, con un incremento del 17% rispetto al 2023. È il livello più alto dall’epoca della Guerra Fredda.

  • Germania: +28%, con un fondo straordinario di 100 miliardi di euro.
  • Polonia: +31%, spesa al 4,2% del PIL.
  • Svezia: +34%, raggiunto il 2% del PIL per l’ingresso nella NATO.

La Russia ha incrementato la propria spesa del 38%, portandola al 7,1% del PIL, mentre l’Ucraina ha destinato il 34% del proprio PIL alla difesa, assorbendo tutte le entrate fiscali per il finanziamento delle forze armate. Secondo il SIPRI, se venissero incluse anche le donazioni estere, il budget ucraino sarebbe stato di 125 miliardi di dollari, rendendola il quarto spender mondiale.

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NATO: record di paesi sopra il 2% del PIL

La spinta alla spesa militare nel 2025 è il risultato di una tendenza già evidente nel 2024, anno in cui 18 dei 32 membri della NATO hanno superato la soglia simbolica del 2% del PIL destinato alla difesa, il dato più alto dall’introduzione dei nuovi obiettivi nel 2014. I membri europei dell’Alleanza hanno contribuito con 454 miliardi di dollari, pari al 30% della spesa complessiva, mentre gli Stati Uniti restano il principale finanziatore. Tuttavia, il crescente impegno europeo segnala un orientamento verso un riarmo più autonomo, dettato anche dall’incertezza sul futuro ruolo degli USA all’interno dell’Alleanza.

Asia e Oceania: escalation continua

In Asia e Oceania, la spesa ha raggiunto i 629 miliardi di dollari (+6,3%).

  • Giappone: +21%, con il carico militare più alto dal 1958.
  • Taiwan: +1,8%, con massicci investimenti in sistemi UAV e anti-drone.
  • Myanmar: +66%, record assoluto di crescita regionale.

La Cina guida il riarmo e influenza indirettamente anche i piani di spesa dei vicini, come Giappone, Corea del Sud e India.

Medio Oriente: Israele e Libano trascinano la crescita

La regione ha visto un aumento del 15% della spesa, raggiungendo i 243 miliardi di dollari.

  • Israele: +65% (46,5 miliardi di dollari), secondo carico militare globale (8,8% del PIL).
  • Libano: +58%, dopo anni di contenimento a causa della crisi economica.
  • Arabia Saudita: ancora il maggiore spender della regione.

L’invasione di Gaza e gli scontri tra Israele ed Hezbollah hanno radicalmente mutato il panorama regionale.

Africa e Americhe: dinamiche contrastanti

  • In Africa, la spesa è cresciuta solo del 3%, trainata soprattutto dall’Algeria. Da notare che manca il dato relativo all’Egitto fermo al 2023 con un valore di 3,16 miliardi di dollari (inferiore ai 4,65 miliardi di dollari del 2022) perché un’analisi approfondita del SIPRI evidenzia che l’Egitto presenta significative lacune nella trasparenza dei dati. Molte spese militari, comprese quelle per le forze paramilitari e le acquisizioni di armi, non sono contabilizzate nei bilanci ufficiali.
  • In America Latina, spicca il Messico (+39%), che investe massicciamente nella militarizzazione della lotta contro il crimine organizzato.

spesa militare record

La crisi della Convenzione di Ottawa: nuovi rischi per la produzione di mine antiuomo

Nel 2025, alcuni Paesi europei (Estonia, Finlandia, Lettonia, Lituania e Polonia) hanno annunciato l’intenzione di abbandonare la Convenzione di Ottawa, che vieta l’uso e la produzione di mine antiuomo. Questa mossa ha suscitato forti critiche da parte di ONG e governi occidentali, che temono un ritorno a pratiche militari particolarmente lesive per i civili. Il ritiro di stati membri della NATO dalla Convenzione rischia di indebolire anni di progressi in materia di diritto internazionale umanitario e di alimentare nuove tensioni, soprattutto nei teatri di guerra ibrida.

Un futuro sempre più militarizzato?

Il 2025 si conferma come anno record per l’accelerazione della spesa militare, evidente, inarrestabile e diffusa a livello globale. La sfida non riguarda solo l’aumento delle risorse dedicate alla difesa, ma anche la gestione degli impatti sociali, economici e politici che questa nuova era di riarmo potrebbe generare. Inoltre investire in armi è un danno anche da un punto di vista economico: come si legge nel report Arming Europe, la spesa militare rallenta la crescita e riduce l’occupazione.

In un mondo in cui la sicurezza sembra avere sempre più il volto della deterrenza armata, la pace rimane una costruzione fragile e sempre più complessa.

La finanza etica dice no da sempre alle armi

La finanza etica si è sempre schierata contro le armi. In 25 anni di storia i fondi di Etica non hanno mai investito nel settore degli armamenti, ritenendo che una finanza davvero responsabile non possa prescindere dalla promozione della Pace. Etica Sgr infatti esclude dai propri fondi tutte le società coinvolte nella produzione, nell’utilizzo, nella manutenzione, nella distribuzione e nello stoccaggio di armi controverse o di loro parti chiave – come mine antiuomo, bombe a grappolo e nucleari – oltre che di armi convenzionali, in considerazione del loro impatto sulle persone, sulle economie e sull’ambiente. Si tratta di un valore non negoziabile, che continuerà a guidare le scelte di Etica Sgr nella propria strategia di investimento.

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