L’aumento delle temperature nelle città italiane dal 1961 ad oggi

Nel pieno dell’emergenza, sanitaria ma anche economica e sociale, dovuta alla pandemia da coronavirus, ci sono gli effetti di un’altra crisi che non hanno smesso di avanzare: gli incrementi delle temperature della Terra e delle nostre città dovuti al surriscaldamento globale. A rivelarlo è un nuovo database realizzato da Copernicus, il centro europeo di raccolta ed elaborazione dei dati satellitari ambientali, ed Ecmwf, il Centro europeo di previsioni meteo a medio termine, elaborato da European data journalism network.

Quanto sono aumentate le temperature nelle città italiane negli ultimi 50 anni?

Il lavoro di raccolta e studio di informazioni racconta che le aree urbane dei Paesi nordici, dell’Europa orientale e della Spagna meridionale sono quelle che si sono riscaldate di più. Ma riguarda anche l’Italia, registrando l’andamento municipio per municipio dal 1961 al 2018. A fronte di casi come Torino (+0,76 °C) e Firenze (+1,61 °C), dove le temperature medie sono risultate quasi invariate (benché siano aumentati i picchi massimi), ce ne sono altri come Roma (+3,65 °C), che è risultata tra le città con il più alto aumento medio negli ultimi 60 anni, superando Milano (+3,34 °C), ad esempio, e altri comuni come Sondrio (+3,58 °C) e Livigno (+3,69 °C). Mentre nelle regioni meridionali spiccano Taranto (+3,57 °C), Brindisi (+4,03 °C) e Reggio Calabria (+3,37 °C).

Milano piazza Duomo all'alba

A rischio vite umane e 11 punti di Pil

Al di là delle differenze particolari, appare evidente come a soffrire maggiormente questi innalzamenti siano i grandi centri. Ed è ancor più eclatante quanto tali tendenze contrastino con gli obiettivi fissati dall’Ipcc, il Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici, che ha stabilito la necessità globale, accolta dall’Accordo sul clima di Parigi del 2015, di frenare il riscaldamento medio globale a 1,5 °C rispetto ai livelli pre-industriali (1850-1900). Le ondate di calore potrebbero costare alle città fino all’11% del loro Pil entro il 2100. Per non parlare di conseguenze anche più gravi, ovvero la spinta all’incremento per degenze ospedaliere e mortalità estiva.

I dati dell’Italia negli ultimi 60 anni (poco meno) mostrano che non siamo affatto sulla buona strada.

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